di solito, i primi di settembre, guardavo le foto delle ferie. di solito, i primi di settembre facevo a gara con i miei amici a chi aveva l’abbronzatura più scura, il segno più segno, la meta turistica più figa. di solito, i primi di settembre arrivavo con la voglia inconsueta di infilarmi dentro un negozio di cancelleria e di spendere dei miliardi in penne e quaderni nuovi. di solito, i primi di settembre c’era la caccia all’agenda, indecisa se spendere 3cento euro di SMEMORANDA o se cambiare tradizione e prendere qualcosa che tanto avrei smembrato e spotacciato in ogni caso. di solito, i primi di settembre era la corsa ai compiti, le ore al telefono con le amiche “tu hai fatto questo, passamelo che io ti passo questo e lo copi” e della mamma che diceva “andiamo a comprare qualcosa da vestire per l’anno nuovo”.
di solito i primi di settembre era così.
quest’anno no. è da un bel pò che non è così in effetti, ma in effetti quest’anno è proprio diverso. non ho una scuola a cui tornare. non ho amici invernali da ritrovare. non ho neanche una università di cui preoccuparmi. non ho un segno di abbronzatura da far vedere, se vogliamo tralasciare la penosa abbronzatura scout pantaloncini t-shirt.
quest’anno è un settembre di 4 zaini ancora addossati al muro, 4 zaini ancora da smontare, 4 zaini pesantissimi pieni di sorrisi e di avventura.
ho lo zaino dell’orgoglio della vittoria dei miei bimbi.
ho lo zaino di 27 sorrisi per 13 giorni.
ho lo zaino dei maya, con le pietre e le bolle dentro.
ho lo zaino dei rullini in bianco e nero e dei foulard pieni di ciondoli pesantissimi.
quest’anno è un settembre del ricalcolo, come il tom tom, perchè ancora non so dove andare.
ciò che so è che pesantissimi o no, quegli zaini verranno sempre con me.
v.